domenica 7 gennaio 2018
Napoli, 07/01/2018

In una conversazione con amici è giunta all’attenzione dell’uditorio l’argomento scommesse: oggi, con tipica sudditanza anche linguistica alla in-cultura dominante di stampo sionista, anglo-assassino, dimentico delle nostre tradizioni, si usa dire bet, ma sempre di azzardo si tratta.

Al giorno d’oggi, e ciò da innumerevoli anni, sorgono come funghi e prosperano le sale giochi di ogni tipo. E la stessa cultura della competizione sfrenata (invece di quella della collaborazione e cooperazione) che spinge in quel senso perché chi, come spesso capita nella vita lavorativa, viene rigettato in una deprimente mediocrità, può credere di trovare nel gioco un riscatto, un ascensore sociale che non gli è stato consentito nella sua attività.

È lo stesso contesto della in-cultura anglosassone che esalta come fosse una moda la lotta nel lavoro (diventato anche insicuro in una società “liquida”, vedi le personalità border-line di Bauman), anzi la lotta tout-court, per vincere la quale dobbiamo incessantemente inseguire le “competenze” del momento, quelle che ci fanno da aureola ipotetica agli occhi del “capo-padrone”, che spinge molti verso l’azzardo, verso il brivido per uscire da quella condizione usuale che la deprimente routine fa sembrare una gabbia senza scampo.

Molte vite sono rovinate dal gioco, rese schiave se non distruttte fino alla morte, ma questo è lo scopo di una società modellata su di una matrice massonica: ridurre in schiavitù tutta l’umanità, con l’abbaglio di una modernità, di una libertà, di una fratellanza (tutti valori traditi nella pratica delle civiltà Uccidentali) che non ci porta verso la bellezza, la bontà, la verità ma verso l’abiezione di un inferno in terra.

Per chi fosse interessato ad un approfondimento sulla psicopatorlogia del gioco d’azzardo, può cominciare con il link seguente, che è ricco di rimandi a letteratura accademica:  


Invece per le patologie del mondo liquido consiglio il seguente link:

1 commenti:

Unknown ha detto...

Osserviamo con incredulità il peggio della politica per quanto riguarda il gioco d'azzardo. Ieri ho sentito uno spot alla televisione che pubblicizzava un nuovo gioco con promesse milionarie , solo che pochi giorni prima un altro spot metteva in guardia contro i pericoli e i mali della ludopatia e i danni che procura. Viene spontaneo chiedersi: ma che Stato è questo che spende soldi per incitarci a farci del male e poi, per non cadere nella retorica dello Stato biscazziere, ci parla della trappola dela ludopatia? Non ci sono dubbi! Così come molti politici sono nei libri paga delle lobby economiche/finanziarie, molti di loro sono nei libri paga delle lobby del gioco d'azzardo. Non faccio commenti perché ho il vizio di dire quello che penso, ma credo sia un chiaro segnale del baratro in cui stiamo precipitando. O lo Stato cambia, o ci dovranno pensare i cittadini. Ma non è che il fenomeno rientra anch'esso nel rapporto Stato/Mafia?


Caro lettore,
lo Stato ha un rapporto assai controverso con il gioco d'azzardo. Da un lato finanzia campagne contro la ludopatia, ossia contro la degenerazione patologica di questo vizio. Dall'altro guadagna dalla diffusione di concorsi e scommesse perché su di esse gravano pesanti imposte. Per avere un'idea delle cifre di cui parliamo basti pensare che in Italia il giro d'affari che ruota intorno al gioco d'azzardo è stimato ( dato riferito al 2014) in 84,5 miliardi, una discreta fetta dei quali finiscono nelle casse dello Stato sotto forma di tasse.
Dunque se i giocatori diminuiscono o spendono di meno, come auspicano le campagne contro la ludopatia, l'erario incassa meno soldi.
Lo Stato si giustifica dicendo che la tassazione sui giochi e' essa stessa una forma di dissuasione verso l'azzardo, ma in realtà se venissero meno i tributi garantiti dalle tasse sui giochi si aprirebbe un buco nel bilancio. E quindi, di fatto, lo Stato non ha un vero interesse a limitare la diffusione di concorsi, scommesse e slot. Come se ne esce?

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