sabato 7 gennaio 2017


Napoli, 07/01/2017

Bruno Vespa coi nei
I nei, Bruno Vespa, non ce li ha solo in faccia ma in tutto quel che produce, sia in TV sia in articoli ma, soprattutto, in libri che sono una cosa che resta.
A novembre 2015 ha dato alle stampe il volume “C’eravamo tanto amati – Amore, politica, riti e miti – Una storia del costume italiano”
Prima straparla di Terza Repubblica senza prendersi la briga di spiegare cosa significhi per lui (o, meglio, per noi).
Poi parla di “una pace mai così lunga” come se non fossimo andati continuamente, in questi 72 anni dalla fine della IIGM, ad attaccare paesi che non ci avevano fatto niente, solo per obbedire agli USA, paese che ci ha colonizzato, anche militarmente (con ben 140 basi NATO, di cui 20 nascoste, che ci costano 72 milioni di euro al giorno e poi dicono che non ci sono soldi per i diritti costituzionali).
Quindi fa un accenno al debito pubblico senza nemmeno sognare di accennare che esso è finto, in quanto creato artificiosamente, anzi dice che “abbiamo sperperato i soldi pubblici” (abbiamo chi?, forse quegli straccioni che lui invitava e continua ad invitare continuamente nel suo salotto, senza mai fargli una domanda cattiva, vera?!)  
Quindi viene la grande domanda retorica: “Dobbiamo rassegnarci al fatto che le ultime grandi opere pubbliche a Roma le abbia realizzate il fascismo?”.

Eh, certo, pure gli ultimi veri giornalisti, cioè quelli che raccontavano verità “scomode”, ormai sono passati di moda da decenni… mica vorrresti farci credere che tu ne fai parte, vero!?
Tutto il pastone semi-intellettuale è cosparso abbondantemente di un vomitevole sentimentalismo d’accatto e qualunquismo a bizzeffe: come, del resto, ha sempre fatto (e credo che continuerà a fare). A spese nostre, visto che il canone ce lo hanno pure ficcato nella bolletta elettrica  

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