sabato 21 aprile 2018
04:04 | Pubblicato da
Alex Focus |
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Napoli,
21/04/2018
Ebbene,
tornando alla domanda iniziale, la risposta comunissima alla domanda ”chi sei?”
non è “quel che sono “ ma “quel che faccio”.
uomo con punto interrogativo |
La
risposta alle domande fondamentali dell’essere umano (cioè “chi sono?” ”da dove
vengo”, ”qual è il mio scopo?”) NON serve agli altri ma serve per PRIMA a noi
stessi, altrimenti rischiamo di vivere una vita priva di identità, di
conoscenza vera, di consapevolezza, vuota come quella di un automa (quelli che
chiamiamo “robot”, una parola ceca che vuol dire “lavoro pesante, schiavo”) che,
anche svolgendo attività complesse, non ha coscienza di sé, né immagina una
vita diversa da quella che gli è stata “assegnata” (non entriamo in dettaglio
su “chi” gliel’ha assegnata).
Per
Gesù la risposta alle domande è nascosta nel disegno del pesce, primo simbolo
cristiano per eccellenza, la cui genesi è dovuta alle persecuzioni di cui erano
fatti oggetto i primi cristiani, da parte degli imperatori romani, i quali
vedevano come un pericolo la diffusione di una religione monoteistica che
metteva in discussione non solo la teologia latina ma lo stesso concetto di
potere coloniale che Roma esercitava sui popoli dominati, dopo la conquista.
pesce stilizzato (in greco Ichthys) |
Questo
implica una serie di gravissime conseguenze:
1)
Se non ho
attività lavorativa, sono “nessuno”,
cioè sono SENZA identità
2)
Se non immagino
nemmeno cosa potrei fare, rimango senza risposta su me stesso, e non riesco
nemmeno ad immaginare (inteso “progettare”) un futuro per me
3)
Se non so chi
sono, probabilmente, non conosco nemmeno la storia, quindi non capisco il
presente e non posso partecipare consapevolmente alla vita sociale e politica
del mio paese
4)
Una volta uscito
da un ciclo di studio (che mi porti o no a svolgere un’attività, non importa)
posso diventare un analfabeta “di ritorno”, perché potrei essere tentato dal
vizio di non prendere più nemmeno un libro in mano all’anno
5)
In quanto
incapace di comprendere (o comporre) un pensiero di media complessità, potrei
ricadere nella categoria degli analfabeti “funzionali”
6)
Divento facilmente
manipolabile da chi mi viene a spiegare (magari mentendo) chi sono, allo scopo
di sfruttarmi, sottomettermi, ingabbiarmi
7)
Ed anche se, dopo
aver vegetato per anni o decenni in questa situazione di sudditanza, mi dovessi
svegliare dal “torpore”, e poi mi potessi e volessi risvegliare, quindi
ribellare a questa vergognosa condizione, sarei come un pugile suonato che
volesse affrontare un avversario nel pieno delle sue facoltà. Quasi destinato
ad una sonora sconfitta!
Allora
che cosa consiglio, pur non essendo uno psico-terapeuta oppure un sociologo? Di fare un serio percorso di autocritica, di
mettere in discussione i paradigmi più comunemente accettati, di scacciare la
paura di fare domande “scomode”, di esprimere il proprio vero pensiero, di non
demordere nella ricerca della verità, non farsi “piccoli” nei confronti del
“sistema”.
Perché,
come disse lo stesso Cristo, “se vivrete nella mia parola, troverete la Verità
ed essa vi renderà liberi” (Giovanni 8:31, 32).
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