lunedì 1 gennaio 2018
13:39 | Pubblicato da
Alex Focus |
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Napoli,
01/01/2018
il
seguente articolo con i commenti che, in alcuni casi sono interessanti quanto l’articolo
stesso.
E ancora non basta: “Si registrano meno per votare e votano meno, si agitano di più per “cambiare la società” ma con meno fiducia di poter davvero cambiare le cose, e finiscono per agglomerarsi, infelici, davanti alla tv”.
Se l’ideologo totalitario è
anche Papa
Stefano mi scrive cosa si nasconde, filosoficamente, nell’odio di Francesco alla cultura dei popoli europei. Gli lascio la parola:
Una cattolica in carcere. In
Canada.
Seguono
30 commenti dei lettori
L’adattamento, è vero, non è facile quando si arriva in un nuovo Paese. Tra certe abitudini e certe regole di vita esiste poi una vera inconciliabilità. E difatti talune abitudini portate dagli immigrati nei loro bagagli si scontrano subito con le regole del paese d’arrivo. Un esempio: gli italiani non appena s’installano in Canada devono imparare a rispettare la maniera canadese di far la coda, ossia devono imparare ad attendere disciplinatamente in fila quando le circostanze lo esigono; che è poi la maniera in vigore nella stragrande maggioranza dei paesi del mondo, eccetto l’Italia. Ma il radicalismo soprattutto religioso di certe culture trapiantate non ammette adattamenti e quindi minaccia la coesione e l’unità societaria nel paese d’accoglimento. L’Islam non concede compromessi ai suoi “fedeli e sudditi”.
Bisogna poi considerare che il trapianto oltreconfine di una cultura, se da un lato provoca un decadimento e un ibridismo, dall’altro paradossalmente crea un indurimento e una sclerosi dell’identità di partenza dell’immigrato, di cui esaspera certi aspetti comportamentali. Ciò puo’ tradursi persino nel rifiuto dei valori fondamentali della società nella quale l’espatriato o i suoi genitori scelsero di andare a vivere poiché da loro considerata piu’ confacente ai propri interessi, spirituali o materiali che fossero.
Una tale reazione di opposizione e di rigetto è dovuta in parte a un sentimento di inadeguatezza. Ma a farla nascere è soprattutto un’inconciliabilità di passati: il passato della nazione da cui l’immigrato proviene diverge dal passato della nazione nella quale egli è andato a vivere. Il fenomeno del rifiuto di adeguarsi alla nuova realtà esiste talvolta anche nei figli d’immigrati, nati nella nuova terra. Ciò è da imputare in gran parte proprio al culto del multiculturalismo vigente in certi paesi d’immigrazione. Per i promotori del multiculturalismo di Stato, infatti, l’integrazione–assimilazione è un’idea tabù.
Leggendo l’articolo si può avere un’idea del futuro che gli ideologi della società multietnica, multirazziale, multiculturale, multi-religiosa, dominata dal Dio denaro, pretendono che si affermi: uno stato-azienda che funziona come “La fattoria degli animali” di George Orwell
Traggo
dal blog di Maurizio Blondet, sul
seguente link:
Devo
rilevare che la cosiddetta “sinistra” (non credo più in definizioni settecentesche
le quali ormai, come la “destra” sono logore e non descrivono compiutamente
alcun gruppo etnico-culturale) che ha detenuto dispoticamente, per decenni,
anzi per secoli, una supremazia in quanto portatrice, autodefinita, di “superiorità
morale” e che, al contempo, non ha mai spiegato, in un modo accettabilemente
logico, in cosa fosse superiore. Siamo, così, arrivti alle aberrazioni
allucinati di Laura Boldrini…
Discorso
analogo vale per il concetto di ”eccezionalismo” della leadership americana la
quale, in modo esattamente sovrapponibile, si è autodefinita superiore ai governi
di altre nazioni, ma senza spiegarsi né, tantomeno, giustificarsi. Ed in base a
questo assunto, ha violato ogni trattato che gli altri popoli, invece, erano
obbligatia rispettare, pena la punizione, la distruzione, il genocidio ed, in
alcuni casi, lo ha fatto anche a chi si era sottomesso (vedi i 90-120 milioni
di pellerossa sterminati tra il 1604 ed il 1860)…!
Mentre
quando si tratta di inchiodare un avversario, le spiegazioni si espandono in un
variegato florilegio di argomenti, anzi di tutto e di più (fino a delle
spudorate fake news, agitate come se fossero verità rivelate, ricordiamo il
cumino mostrato da quel mentitore di Colin
Powell alle Nazioni Unite, e spacciato per arma chimica, per spingere il
mondo ad aggredirre l’Iraq di Saddam
Hussein o, perlomeno, a non protestare), quando si deve parlare di se i
cosiddetti “sinistri” diventano omertosi, tutto si sfuma in modo molto vago. O
si accettano o niente!
Vien
quasi da fare la battuta: sì vi accettiamo, ma il problema è solo trovare un’accetta
di dimensioni adeguate… ah ah ah!
Comunque
la mannaia della verità colpisce anche papa Imbroglio che risulta “allineato” in modo totalitario a questi “intellettuali
organici” e persino il Canada perseguita (fino al carcere) gli attivisti
cattolici, come Mary Wagner, che
cercano di frenare la follia abortista che in questi paesi ormai laicizzati
sembra una deriva inarrestabile.
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La società
multi-etnica non porta sviluppo, ma degrado. Ora c’è la prova scientifica.
la Boldrini in pieno delirio ideologico… |
“La
UE deve scalzare la omogeneità nazionali … società di migranti si adattano più
prontamente a chi viene da un diverso mondo culturale … è cruciale per la
crescita economica”. Come ho raccontato nell’articolo del 27 dicembre, è questa
l’idea centrale di Peter Sutherland,
l’uomo Bilderberg e Goldman Sachs che El
Papa ha messo a capo del suo organo a favore delle migrazioni di massa.
Ovviamente è anche l’idea di “Francesco”; come di Laura Boldrini, del senatore Luigi
Manconi (“Accogliamoli tutti!”), dei
Gad Lerner e di tutte le sinistre mediatico-umanitarie
e dei misericordiosi neo-cattolici: il senso di appartenere ad una
comunità storica da salvaguardare è un atteggiamento “egoista”, e peggio, un
ostacolo all’aumento della prosperità; il rifiuto della commistione di
popolazioni e “culture”, e dell’apertura senza limiti delle frontiere, oltre
che un riflesso regressivo illusorio (perché “non c’è alternativa” alla
globalizzazione), produce chiusure e quindi declino.
Ora,
grazie al suggerimento di un acuto lettore, torno sull’argomento per dire:
questa “idea” è stata dimostrata falsa. Dimostrata falsa con tutti i crismi
della scientificità da un grande studio sociologico completato dal maggior
sociologo politico vivente: Robert Putnam , luminare di
Harvard (Kennedy School), noto come l’inventore, per così dire, del concetto di
“capitale sociale”: ossia
dell’insieme di norme civiche condivise inespresse, e spontaneamente obbedite,
legami fiduciari formali e informali, che consentono agli individui di una
società di “fidarsi l’uno dell’altro”
– ciò che aiuta e facilita, ovviamente, lo sviluppo economico.
il prof. Robert Putnam, autore della devastante ricerca sociologica |
La
prima opera fondamentale di Putnam riguarda molto da vicino noi e le nostre
magagne: Making Democracy Work: Civic Traditions in
Modern Italy, (Far funzionare la democrazia:
tradizioni civiche nell’Italia moderna), dove dimostra che la prosperità delle
regioni del Nord Italia dipende dalla loro storia di associazioni, gilde, scopi
comuni condivisi, legami orizzontali reciproci, che ha indotto un maggiore
coinvolgimenti civico e soluzione collettiva dei problemi. Mentre la società
agraria del Meridione dominata dal latifondo è meno sviluppata – non solo in
quanto ad economia, ma in quanto a vivacità democratica – perché ha meno
“capitale sociale”, appunto inteso come quella “rete di norme e impegno civico
che induce i membri di una comunità a fidarsi l’uno dell’altro, a contare
genericamente di non essere fregato dal vicino”.
La diversità etnica porta a
chiudersi
Ebbene:
la sua più recente ricerca sociologica fatta su 41 siti americani comprendenti
30 mila persone, Putnam l’ha cominciata condividendo l’utopia progressista “diversità porta arricchimento”, e allo
scopo di confermarla “scientificamente”.
Ciò
che ha scoperto, è il contrario.
Che
l’immigrazione e la diversità di culture non solo riducono il “capitale
sociale” fra i gruppi etnici diversi, ma anche all’interno degli stessi gruppi ”omogenei”:
non solo non si fidano degli stranieri di diverso colore e religione, non si
fidano più nemmeno dei loro simili. Di conseguenza, si riduce la fiducia anche
verso il vicino del proprio colore, gli atti di altruismo e di cooperazione
comunitaria si fanno più rari e così le amicizie. Dai quartieri di Chicago a
Los Angeles fino al Sud Dakota contadino, deve riconoscere Putnam, “la gente che vive in ambienti etnicamente
diversi si chiude (hunker down)
come
fanno le tartarughe”
che si ritraggono nel carapace. E non basta: “si ritirano anche dagli amici vicini, tendono ad aspettarsi il peggio
anche dalla propria comunità e suoi leaders, tendono a collaborare meno, a fare
meno volontariato”; persino, hanno meno cura dei beni pubblici, come non
sprecare acqua o curare il giardinetto, o occuparsi della manutenzione della
strada, perché pensa che, tanto, gli altri sprecano e non curano; non si
aspetta che gli altri coopereranno spontaneamente a risolvere i problemi del
quartiere.
E ancora non basta: “Si registrano meno per votare e votano meno, si agitano di più per “cambiare la società” ma con meno fiducia di poter davvero cambiare le cose, e finiscono per agglomerarsi, infelici, davanti alla tv”.
Ricorda
qualcosa?
Senza
stupore, scopriamo così che l’idea “diversità = arricchimento” che ci viene
imposta da tutte le sinistre è “ideologia”, nel senso deteriore: una
anti-scientifica razionalizzazione di sentimenti e impulsi che essa ritiene
“morali” proprio perché negano la realtà concreta, per le sinistre “bassa” ed
egoistica. Possiamo anche valutare l’ennesimo disastro sociale che
l’ennesima ideologia adottata dal progressismo totalitario imperante sta
producendo su una società, quella italiana, dove già è tragicamente scarso il
“capitale sociale” . I governi, le entità sovrannazionali globalizzatrici, ed
adesso El Papa ci stanno imponendo una “diversità” “accoglienza” e “riduzione
delle omogeneità” che non possono che aggravare il generale “hunkering down”, ritrarsi
a tartaruga, la non-partecipazione politica, la paura e diffidenza del vicino, il
rarefarsi della collaborazione spontanea, e la sfiducia (impotente) nei
governanti e governanti di ogni livello.
Si
dovrebbero trarre le conclusioni sulla evidente pericolosità sociale essenziale
dell’essere “di sinistra”: appena compare una ideologia, la sinistra la adotta e la
impone agli altri con la superiorità moralistica che la rende inflessibile. L’ha
fatto col marx-leninismo, ora lo fa col gender, coi “diritti gay”, con
l’accoglienza degli immigrati, con “abbattiamo ogni confine”, con l’adesione al
globalismo voluto dal grande capitale finanziario – sempre senza riconoscere i
disastri umani che le ideologie producono nella compagine sociale concreta,
realmente esistente.
Questa
pericolosità è dimostrata dallo stesso Putnam, che è ovviamente un progressista
(e si è pure convertito all’ebraismo della sua consorte): giunto alla prova
scientifica (secondo i criteri popperiani), ossia avendo “falsificato” la
teoria cui credeva, egli ha ritardato anni a pubblicare lo studio che
dimostrava gli effetti (per lui) sorprendentemente negativi della “diversità”,
perché “temeva” (parole sue) che potessero portare acqua al mulino dei contrari
nel “dibattito pubblico sull’immigrazione”. Insomma aveva sottratto al
dibattito pubblico elementi di verità. Di fronte alle proteste dei colleghi
sociologi, che gli chiedevano se ritenesse etico, come docente e scienziato,
sopprimere dati che gli erano sgradevoli, ha detto al Financial Times che aveva ritardato la pubblicazione delle sue
scoperte fino a quando non avesse elaborato “proposte per compensare gli effetti negativi della diversità”, ossia
di cucinare qualche giustificazione ideologica cosmetica.
Infatti,
dovendo alla fine pubblicare (la ricerca era costata un occhio all’Università
di Harvard) ha aggiunto alla pubblicazione un finale che ha titolato “Becoming Comfortable with Diversity”,
ossia “sentirsi a proprio agio nella
diversità”. Imperdonabile, ammette in una nota che “gli effetti reali della diversità sul ritrarsi sociale può essere stato
sottostimato”. In Nota.
(Per lo studio di Putnnam finalmente pubblicato: http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1467-9477.2007.00176.x/abstract;jsessionid=7EFB9384BA3D4B2CDA2F95621443F976.f04t02
E’
morale non diffondere dati che smentiscono la ideologia dominante?
Per
uno scienziato, no.
Ma
per un ideologo sì – e ciò dimostra ancora una volta perché il dominio
politico-culturale delle sinistre non solo sbocca, ma fin dall’inizio volge al
totalitarismo: ne è essenziale la soppressione della verità, non tollera
antagonismi alla sua ideologia, l’ultima di moda che ha adottato.
Il
linguaggio politicamente corretto che impone è già uno strumento totalitario,
perché punta a vietare l’espressione di idee antagoniste alla propria.
Se l’ideologo totalitario è
anche Papa
Per
contro, loro, gli ideologi, si permettono qualunque offesa alle altrui
convinzioni. Lo stesso Sutherland, in una intervista all’ufficio stampa
dell’ONU, ha deriso e schernito la nozione stessa di sovranità nazionale. I
governi devono riconoscere che “la
sovranità è una illusione, una illusione assoluta che dobbiamo lasciarci alle
spalle. I tempi in cui ci si riparava dietro confini e steccati sono da lungo
tempo finiti”. Con un salto logico tipico (lo stesso argomento ha usato
anche Gad Lerner), Sutherland ha accusato gli Stati che in Europa pongono un
tetto al numero delle ammissioni di immigrati di “ricordare direttamente il tipo di tetto che il Terzo Reich pose alla
popolazione ebraica”. Da qui all’accusa a Viktor Orban di compiere un Olocausto, manca un passo. Che sarà
sicuramente compiuto. A dimostrazione ulteriore che “la Sinistra fa sempre il gioco del grande capitale, a volte perfino
senza saperlo” (Oswald Spengler).
La
comparsa rumorosa e senza precedenti di un Papa ideologico, di sinistra
libertaria, applaudito dal mondo, pone un ordine di problemi persino più gravi
della pura e semplice imposizione del totalitarismo laicista. Il perché lo
spiega un mio lettore ed amico, Stefano,
docente di filosofia tomistica in una università europea. Commentando lo
sproloquio di Bergoglio “Gli europei non
sono una razza nata qui, hanno radici migranti”
Stefano mi scrive cosa si nasconde, filosoficamente, nell’odio di Francesco alla cultura dei popoli europei. Gli lascio la parola:
“Considerare
la cultura come sovrastruttura
dell’ omogeneità naturale è uno strafalcione gravissimo.
Non
solo manifesta pochezza di comprensione del processo naturale (storia, guerre,
imprese comuni) che ha fatto di quello specifico popolo tale popolo; ma
distrugge l’armonia cattolica tra grazia e natura, considerando la natura un
blocco originario (razziale?) dove si nega come propriamente umano lo sviluppo
di una cultura particolare sopra la quale la grazia ripara e perfeziona.
“L’Europa
è un “luogo” dove la razza è stata chiamata a lasciar passo alla cultura (lo ius romano) e dove finalmente il
cristianesimo, senza distruggere ciò che di buono aveva realizzato la cultura
lo ha elevato all’ordine della grazia.
“Si
riconosce l’antico sistema gnostico: non ci può essere un’elevazione
soprannaturale della natura/ cultura (l’Europa in questo caso) perché la natura
stessa non può produrre nulla di buono, dunque questa deve sciogliersi in un
monismo originario, in una uniformità senza contorni, nel quale finalmente può
prodursi la superazione attraverso il ritorno all’origine.
“Alla
base del discorso, dietro l’esaltazione dell’ indifferenza naturale, c’è un
odio enorme alla grazia divina che si china sull’uomo nella sua debolezza e
nelle sue realizzazioni naturali. La parola “cultura” richiama il lungo lavoro
della coltivazione, in cui l’uomo pone al suo servizio le realtà naturali,
generando allo stesso tempo un simbolismo e una distanza dalla natura che
solamente possono essere umani, in cui manifesta la sua trascendenza rispetto
al mezzo che lavora”.
Una cattolica in carcere. In
Canada.
Se
credete che questo discorso resti teorico e astratto, guardatevi attorno: la
persecuzione dei non ideologici è già in atto. E non solo dei cristiani in
Oriente; anche in Canada i cristiani sono perseguitati. Chi sapeva di Mary Wagner?
l’attivista cattolica canadaese Mary Wagner: Natale in galera. |
“Mary Wagner,
canadese arrestata
per la sua difesa delle madri e dei figli (entra nelle cliniche
abortive per offrire alle donne un’alternativa all’aborto, infrangendo la legge
che non permette nemmeno che si provi ad aiutarle a trovare un’altra via
all’omicidio dei loro piccoli), ha partecipato anche quest’anno alla Messa
di Natale celebrata in carcere. E lo ha fatto anche se sarebbe bastato
sottoscrivere una dichiarazione in cui prometteva di tenersi lontana dalle
cliniche abortive per essere liberata.
Non
solo, perché in una lettera scritta in carcere
Mary non si è lamentata, ma ha chiarito di essere lì per amore di Gesù Cristo, descrivendo un
presepe “in attesa del Cristo
Bambino – il simbolo del Verbo fatto carne, che abita in mezzo a noi, nella
Chiesa e nel più piccolo degli esseri umani”. Perciò, ha continuato, “preghiamo affinché tutti i figli di Dio
capiscano che il loro primo dovere è nei confronti del nostro Maestro. Noi
siamo i suoi servi. Cerchiamo di non farci trovare negligenti nel nostro dovere
verso di Lui”.
Come
ha ricordato Mary Wagner in cella: “Non pensavo di poter continuare su questa
strada e non so se l’avrei mai imboccata, senza il dono della fede e la grazia
che Dio, grazia su grazia, che Lui mi ha dato”. A dire che da quando quel
Bambino è nato la povertà e la sconfitta sono diventate solo apparentemente
tali, nascondendo il sé una potere sul mondo che nessun altro credo
conosce.
di
Benedetta Frigerio, “L’apparente contraddizione del Natale”,
la Nuova Bussola Quotidiana
Seguono
30 commenti dei lettori
- Adry
2 giorni ago Permalink
Questo nuovo “stile di vita” lo lascio volentieri alla tizia, io mi accontento
dello stile che abbiamo ereditato dai nostri nonni, spero che le mettano quel
lenzuolo dalla testa ai piedi il più presto possibile, così non vedremo più
quella faccia da …………..
- danilo fabbroni
2 giorni ago Permalink
«Pape Satàn, pape Satàn aleppe!»
Da qualche parte nella Confederation
Helvetique, suppergiù a Davos: forse invece a Sils Maria? Ma no, a Davos
davvero… La porta socchiusa della Gran Sala lasciava intravedere fuggitivamente
da una parete a specchi, in una serie di prismi d’immagini, una compagine
assisa in quello che pareva un fumoir d’antan: une sacre fraternité nella
penombra della boiserie… une petite bande?
Ad ogni modo, boiserie o no, una parete era oberata di schermi concavi ad alta definizione. L’audience, da cui esalava una sigaraglia a volute dense, concentriche, nell’aria, era intenta a rimirare le news passate da questo o quell’altro canale ‘puramente’ mainstream. “85.000 immigrati nel giro di un anno solo in quella Nazione” era la didascalia di una serie d’immagini TV, al che i commenti preponderanti dell’uditorio erano: “[…] così imparano, queste bestie parlanti [della Nazione in questione] cosa vuol dire vivere costantemente sotto la minaccia del Terrorismo panarabista […]” e grugnì, con un sonoro rutto di soddisfazione chi aveva esclamato quella frase. Presto un altro monitor commutó su un’altra news: “Assad Must Go!” e sì, un astante deglutì rumorosamente con evidente soddisfazione la sua dose di millesimato mentre borbottava: “Lui è un fantoccio che non ci serve più e poi e poi…”, pareva quasi titubante nell’esporsi ma poi si buttò: “[…] e poi dobbiamo importare là gli Alti Valori dell’Occidente Estremo: la Droga, la Pornografia, la Sodomia, l’Aborto, l’Eutansia, la Pedofilia, la Scatologia, il Parricidio, il Femminicidio, il Fratricidio, l’Incesto, il Genderismo, il Transumanesimo, insomma le triadi, le quadriadi della lussuria, dell’avarizia, dell’incontinenza piena, per non dimenticare la soppressione dei Deboli, dei Poveri, degli Inermi, dei Malati, dei meno dotati e non da ultimo degli Oppositori di qualsiasi risma e colore […]”. La platea digrignò i denti con estremo moto di soddisfazione ed intonò tutt’assieme: «Pape Satàn, pape Satàn aleppe!».
Il Capitale Totale, di Jacques Camatte, alla Sua Oeuvre au Noir.
Ad ogni modo, boiserie o no, una parete era oberata di schermi concavi ad alta definizione. L’audience, da cui esalava una sigaraglia a volute dense, concentriche, nell’aria, era intenta a rimirare le news passate da questo o quell’altro canale ‘puramente’ mainstream. “85.000 immigrati nel giro di un anno solo in quella Nazione” era la didascalia di una serie d’immagini TV, al che i commenti preponderanti dell’uditorio erano: “[…] così imparano, queste bestie parlanti [della Nazione in questione] cosa vuol dire vivere costantemente sotto la minaccia del Terrorismo panarabista […]” e grugnì, con un sonoro rutto di soddisfazione chi aveva esclamato quella frase. Presto un altro monitor commutó su un’altra news: “Assad Must Go!” e sì, un astante deglutì rumorosamente con evidente soddisfazione la sua dose di millesimato mentre borbottava: “Lui è un fantoccio che non ci serve più e poi e poi…”, pareva quasi titubante nell’esporsi ma poi si buttò: “[…] e poi dobbiamo importare là gli Alti Valori dell’Occidente Estremo: la Droga, la Pornografia, la Sodomia, l’Aborto, l’Eutansia, la Pedofilia, la Scatologia, il Parricidio, il Femminicidio, il Fratricidio, l’Incesto, il Genderismo, il Transumanesimo, insomma le triadi, le quadriadi della lussuria, dell’avarizia, dell’incontinenza piena, per non dimenticare la soppressione dei Deboli, dei Poveri, degli Inermi, dei Malati, dei meno dotati e non da ultimo degli Oppositori di qualsiasi risma e colore […]”. La platea digrignò i denti con estremo moto di soddisfazione ed intonò tutt’assieme: «Pape Satàn, pape Satàn aleppe!».
Il Capitale Totale, di Jacques Camatte, alla Sua Oeuvre au Noir.
- Finglas
2 giorni ago Permalink
Radici pianificate, a quanto sembra…
Accedi per rispondere - Claudio
Antonaz
2 giorni ago Permalink
Le illusioni del multiculturalismo di
Stato
Invece di proporre anche
all’immigrato l’identità storica del paese che lo accoglie, quale fattore
coesivo e unitario, oggi i benpensanti propongono un multiculturalismo di
Stato, velleitario e confuso, quale formula capace di arricchire l’identità di
tutti i cittadini e del Paese stesso. Taluni arrivano così ad auspicare una
pluralità d’identità nazionali in ognuno dei paesi europei su cui si rovesciano
ondate d’immigrati dal Terzo Mondo. Ma il Paese, la Nazione non è di certo un
supermercato che debba adattarsi ai gusti e ai bisogni del cliente del giorno.
Sono invece i nuovi clienti della Nazione che dovrebbero adattarsi a questa.
Ciò che non sempre avviene…
L’adattamento, è vero, non è facile quando si arriva in un nuovo Paese. Tra certe abitudini e certe regole di vita esiste poi una vera inconciliabilità. E difatti talune abitudini portate dagli immigrati nei loro bagagli si scontrano subito con le regole del paese d’arrivo. Un esempio: gli italiani non appena s’installano in Canada devono imparare a rispettare la maniera canadese di far la coda, ossia devono imparare ad attendere disciplinatamente in fila quando le circostanze lo esigono; che è poi la maniera in vigore nella stragrande maggioranza dei paesi del mondo, eccetto l’Italia. Ma il radicalismo soprattutto religioso di certe culture trapiantate non ammette adattamenti e quindi minaccia la coesione e l’unità societaria nel paese d’accoglimento. L’Islam non concede compromessi ai suoi “fedeli e sudditi”.
Bisogna poi considerare che il trapianto oltreconfine di una cultura, se da un lato provoca un decadimento e un ibridismo, dall’altro paradossalmente crea un indurimento e una sclerosi dell’identità di partenza dell’immigrato, di cui esaspera certi aspetti comportamentali. Ciò puo’ tradursi persino nel rifiuto dei valori fondamentali della società nella quale l’espatriato o i suoi genitori scelsero di andare a vivere poiché da loro considerata piu’ confacente ai propri interessi, spirituali o materiali che fossero.
Una tale reazione di opposizione e di rigetto è dovuta in parte a un sentimento di inadeguatezza. Ma a farla nascere è soprattutto un’inconciliabilità di passati: il passato della nazione da cui l’immigrato proviene diverge dal passato della nazione nella quale egli è andato a vivere. Il fenomeno del rifiuto di adeguarsi alla nuova realtà esiste talvolta anche nei figli d’immigrati, nati nella nuova terra. Ciò è da imputare in gran parte proprio al culto del multiculturalismo vigente in certi paesi d’immigrazione. Per i promotori del multiculturalismo di Stato, infatti, l’integrazione–assimilazione è un’idea tabù.
- ismayl-roho
19 ore ago Permalink
io noto che a Torino o Milano
Calabresi e Siciliani in genere stanno sempre tra di loro, così come Arabi e
Cinesi. Già è l’Italia stessa che non è mai esistita come Stato Nazione perché
costituita da Mediterranei ed altri diversamente italici, ma solo politicamente
tramite Mussolini
- Andrea
Carbo
2 giorni ago Permalink
Bello il discorso su grazie/cultura,
dovrebbe approfondirlo Dr. Blondet.
Anzi, dove si può approfondire?
E infine, è un discorso che al giorno d’oggi può esser bollato come razzista? Lo chiedo nel seguente senso: v’è quindi una “scelta” di Dio a priori ? Grazie.
Anzi, dove si può approfondire?
E infine, è un discorso che al giorno d’oggi può esser bollato come razzista? Lo chiedo nel seguente senso: v’è quindi una “scelta” di Dio a priori ? Grazie.
- Abbelli
2 giorni ago Permalink
A Singapore, ad esempio:
http://megachip.globalist.it/cervelli-in-fuga/articolo/2017/10/05/il-futuro-della-nostra-scuola-come-a-singapore-un-momento-parliamone-2012613.html
Il futuro della nostra scuola come a Singapore?
Il futuro della nostra scuola come a Singapore?
Leggendo l’articolo si può avere un’idea del futuro che gli ideologi della società multietnica, multirazziale, multiculturale, multi-religiosa, dominata dal Dio denaro, pretendono che si affermi: uno stato-azienda che funziona come “La fattoria degli animali” di George Orwell
- Maurizio
Blondet
2 giorni ago Permalink
A Andrea Carbo:
Che Dio abbia scelto a priori un popolo lo credono gli ebrei e i protestanti. Cristo è venuto per salvare tutti – anzi l’intera Natura, “ferita” dal peccato di Adamo ma che anch’essa grida per la redenzione sua, che dipende dall’uomo perché è il solo animale razionale, che può compiere la scelta e assumersi la responsabilità – anche lui ferito dal peccato originale, ma non tanto da essere integralmente malvagio e perduto (come crede Lutero, come certi gnostici) . Con la grazia del Figlio di Dio che ha assunto e scontato su di Sè le nostre colpe, la sua “natura” è chiamata alla divinizzazione. Certo, attraverso “la porta stretta”.
Il cristianesimo è il contrario del razzismo. Del resto anche dal punto di vista biologico le ”razze umane” non esistono, essendo tutti interfertili (per quel che vale). Il punto è che la “razza”, l’elemento biologico, non è mai determinante. A rendere l’uomo uomo è la sua “cultura”, che è la sua partecipazione al Logos . O in casi atroci, a Satana: pensi agli aztechi che ritenevano religione necessaria fare sacrifici umani continui. Pensi a molte religioni africane che sono basate sul malocchio, ossia sulla magia nera.
Che Dio abbia scelto a priori un popolo lo credono gli ebrei e i protestanti. Cristo è venuto per salvare tutti – anzi l’intera Natura, “ferita” dal peccato di Adamo ma che anch’essa grida per la redenzione sua, che dipende dall’uomo perché è il solo animale razionale, che può compiere la scelta e assumersi la responsabilità – anche lui ferito dal peccato originale, ma non tanto da essere integralmente malvagio e perduto (come crede Lutero, come certi gnostici) . Con la grazia del Figlio di Dio che ha assunto e scontato su di Sè le nostre colpe, la sua “natura” è chiamata alla divinizzazione. Certo, attraverso “la porta stretta”.
Il cristianesimo è il contrario del razzismo. Del resto anche dal punto di vista biologico le ”razze umane” non esistono, essendo tutti interfertili (per quel che vale). Il punto è che la “razza”, l’elemento biologico, non è mai determinante. A rendere l’uomo uomo è la sua “cultura”, che è la sua partecipazione al Logos . O in casi atroci, a Satana: pensi agli aztechi che ritenevano religione necessaria fare sacrifici umani continui. Pensi a molte religioni africane che sono basate sul malocchio, ossia sulla magia nera.
Gli europei sono “migliori” nella misura
in cui sono cristiani, bene o male. Non Dio ha scelto loro come privilegiati,
sono loro che hanno accettato Cristo (è vero, perché Grecia e Roma erano già
aperte al Logos). E difatti, oggi che gli europei rifiutano Cristo e si accontentano
della loro natura biologica, stanno decadendo, anzi si stanno auto-estinguendo.
E’ sufficiente come spiegazione?
E’ sufficiente come spiegazione?
- Backward
2 giorni ago Permalink
Non confondiamo la razza con la
specie. Siamo un’unica specie, non un’unica razza. Le razze sono interfertili,
le specie no.
- ismayl-roho
18 ore ago Permalink
‘la
razza è sangue, è nervo. Non si discute sulla razza’ tratto da:
Franco Freda, La disintegrazione del sistema
Franco Freda, La disintegrazione del sistema
attualissimo
- Rudi
15 ore ago Permalink
Appunto. Quello che molti non
capiscono è che la rimozione della genetica in favore della cultura finisce per
distruggere anche la famiglia. Quello che si chiamava razza o stirpe alla fine
è pur sempre la famiglia. Se si parla di spirito e di corpo, come si è sempre
fatto, ci si attiene all’antica interpretazione cristiana e non c’è alcun
bisogno di aggiustamenti, altrimenti si finisce per cadere in una specie di
Marxismo di ritorno. Ne il richiamarsi alla visione imperiale romana riuscirà
mai a sanare la contradizione che non lo consente. É l’unità spirituale quella
di cui parla Cristo; quella materiale ci può essere oppure no, ma non può
venire imposta come soluzione ad una questione che è trascendente, non
immanente.
- Angelo
Pegli
2 giorni ago Permalink
Complimenti vivissimi per questo post
al Direttore Blondet e al suo lettore docente in filosofia tomistica dott. Stefano.
Queste cose sono molto più concrete di molte cose che lo sembrano: sono le cose
con cui possiamo attraversare una valle oscura senza temere alcun male, come
dice il Salmo, e chi non lo capisce è bamboccio comunque, non vero uomo o
donna. Tra l’altro i post che sta pubblicando Luigi Copertino costituiscono proprio un approfondimento .Dio crea,
(cioè Egli si manifesta e comunica al Creato, perfezionandolo), separando, specializzando,
come insegna la Bibbia, e non viceversa. La stessa teoria della
differenziazione delle specie di Charles
Darwin, in ciò che ha d’interessante va proprio in questa direzione: differenziazione
è arricchimento dell’ambiente sua piena utilizzazione in armoniosa simbiosi. Come
un periodo ben strutturato in principali, subordinate, coordinate etc. San Paolo descrive la crescita
armoniosa e differenziata del Corpo Mistico in analogia alla struttura del
corpo umano(non ricordo ora in quale lettera).Questo mezzo disgraziato di
Sutherland ha pure un’espressione arrogante. Papa Francesco I, con tutto il
rispetto, e’ un ignorante cialtrone meschino repellente. Ma è sempre il Papa, a
Dio piacendo. Cristo ha il controllo di tutto, guai a dimenticarlo. Che schifo,
panzone imbecille, serva fottuta.
- Claudio
Antonaz
2 giorni ago Permalink
I vari gruppi d’immigrati, proprio
perché gruppi trapiantati, esprimono ciò che è lecito chiamare delle
“subculture”. Non sono le “Chinatown” sparse nel mondo, ma è la Cina a far
riverberare la luce della sua cultura plurimillenaria. Parimenti è l’Italia, e
non le “Little Italy” degli immigrati italiani e dei loro discendenti, ad
esprimere l’incomparabile arte del vivere per la quale gli italiani sono
famosi. Le “Little Italy”, infatti, non sono che un’ombra del modello di vita
esistente nella penisola. Il multiculturalismo quindi non è un inventario
fedele di culture, ma un campionario solo approssimativo di esse. Nel paese
multiculturale, le culture trapiantate non sono un superamento, un allargamento
dei fondamenti culturali della nazione – il paese di partenza dell’emigrante –
che ha dato loro origine, ma una forma di “parassitismo” nazionale. Il
multiculturalismo, infatti, si nutre di “nazione”, ma da lontano. Se lo stato
nazionale ispiratore venisse a mancare, la cultura nazionale trapiantata
s’isterilirebbe completamente.
Le culture, le lingue, le cucine nazionali sono difficili da trasportare. Il passato, la storia non si trapiantano. Nei paesi dove vige il multiculturalismo – vedi il Canada – l’immigrato, fedele al suo gruppo, non si alimenta all’humus della patria d’origine, viva e in evoluzione, ma a una cultura fatta soprattutto di memorie. Inoltre, l’ibridismo, conseguenza del multiculturalismo, porta inevitabilmente all’appiattimento e all’omologazione delle singole culture. Quando si mescolano diversi colori si ha come risultato di creare una nuova tinta e non di ravvivare ed arricchire i colori d’origine.
La pluralità di culture non è un fattore d’arricchimento delle singole culture, anche a causa di certe incompatibilità di fondo: il cattolico non diventerà un miglior cattolico cercando di essere anche un po’ musulmano. Un altro esempio piu’ terra terra: la cucina “di partenza” non migliora espatriando ma peggiora. Molto prosaicamente: il piatto italoamericano della pasta con i “meatball” (di cui ci parla anche Prezzolini) non è un miglioramento rispetto alla pasta alla bolognese.
Le culture, le lingue, le cucine nazionali sono difficili da trasportare. Il passato, la storia non si trapiantano. Nei paesi dove vige il multiculturalismo – vedi il Canada – l’immigrato, fedele al suo gruppo, non si alimenta all’humus della patria d’origine, viva e in evoluzione, ma a una cultura fatta soprattutto di memorie. Inoltre, l’ibridismo, conseguenza del multiculturalismo, porta inevitabilmente all’appiattimento e all’omologazione delle singole culture. Quando si mescolano diversi colori si ha come risultato di creare una nuova tinta e non di ravvivare ed arricchire i colori d’origine.
La pluralità di culture non è un fattore d’arricchimento delle singole culture, anche a causa di certe incompatibilità di fondo: il cattolico non diventerà un miglior cattolico cercando di essere anche un po’ musulmano. Un altro esempio piu’ terra terra: la cucina “di partenza” non migliora espatriando ma peggiora. Molto prosaicamente: il piatto italoamericano della pasta con i “meatball” (di cui ci parla anche Prezzolini) non è un miglioramento rispetto alla pasta alla bolognese.
- Angelo
Pegli
2 giorni ago Permalink
A partire da questo post, chi non conosce
le profezie di suor Beghe, se vuole,
le legga, e vedrà che nel progetto di Dio c’è di restaurare l’ordine
precedente. Miglior conferma che da Dio, non può esistere. Chi negasse la verità
profonda di questo post, semplicemente bestemmierebbe.
- Damiel
Cassiel
2 giorni ago Permalink
Europa. I suoi fondamenti spirituali
ieri, oggi e domani. Lectio magistralis del cardinale Ratzinger, Senato Italiano, 13 maggio 2004
- Angelo
Pegli
2 giorni ago Permalink
Back
to blood di Tom Wolfe
e, per controverifica, recensioni mainstream varie del libro. Tom Wolfe
inventore del termine ”radicalchic”. Habemus papam radicalchic. Vescovo vestito
di bianco: anche la scelta dell’abbigliamento fu da radicalchic. Di “rottura”. Sbiancamento
del cervello.
- Backward
2 giorni ago Permalink
Per l’appunto: “scoprire l’acqua calda, scientificamente”. Evidentemente il
professorone non aveva mai abitato in quartieri “multiculturali”, né sentito
parlare del fenomeno del “white flight”
(fuga degli americani bianchi dalle zone ad alta immigrazione).
Ciò che mi stupisce è che tale studio sia stato infine pubblicato.
Ciò che mi stupisce è che tale studio sia stato infine pubblicato.
- Claudio
Antonaz
2 giorni ago Permalink
Criminalità e comunitarismo
I fenomeni malavitosi trapiantati dai
vecchi lidi nei nuovi – vedi anche la mafia cinese ormai presente in seno agli
immigrati cinesi in Europa – trovano terreno fertile nel “comunitarismo”, oggi
tanto esaltato dagli ingenui innamorati di un multiculturalismo malinteso. Mi
riferisco al multiculturalismo di Stato, ossia al multiculturalismo inteso come
politica tendente alla salvaguardia delle identità culturali dei nuovi
arrivati, rinchiusi nelle loro scatole etniche, che vengono semanticamente
nobilitate con un magico termine: comunità.
Nelle comunità di trapiantati non esiste la democrazia, cosicché i suoi rappresentanti, gli esponenti, i maggiorenti, che interagiscono con l’autorità centrale e parlano a nome di questa mitica comunità (che nei fatti non esiste) sono semplicemente i piu’ intraprendenti e spesso i meno scrupolosi. Nessuno li ha democraticamente eletti. Basti pensare alle comunità islamiche e ai loro Imam dallo spirito guerriero che spesso non parlano neppure la lingua del paese in cui vivono…
Distaccato da questo multiculturalismo come politica di Stato, vi è il “multiculturalismo” inteso semplicemente come varietà, diversità, pluralità “etnica” o se vogliamo “culturale”, innegabile realtà di fatto di molti paesi, inclusi quasi tutti i paesi europei, nei quali vi è stato dal dopoguerra ad oggi (in Italia sono negli ultimi decenni) una massiccia immissione di immigrati.
Il paternalistico multiculturalismo di stato, quando male attuato come quasi sempre avviene, incoraggia i nuovi arrivati a cuocere nel proprio brodo. Un brodo etnico che non è sempre propizio ad un vivere sano e civile. Questo fenomeno io l’ho costatato in Canada, dove nelle grandi città canadesi come Montréal e Toronto, all’interno della cosiddetta “comunità italiana”, agiscono le fetide mafie nostrane, dedite alle estorsioni e ad altre forme di violenza (quasi sempre limitata, prudentemente, ai soli italiani…).
Nelle comunità di trapiantati non esiste la democrazia, cosicché i suoi rappresentanti, gli esponenti, i maggiorenti, che interagiscono con l’autorità centrale e parlano a nome di questa mitica comunità (che nei fatti non esiste) sono semplicemente i piu’ intraprendenti e spesso i meno scrupolosi. Nessuno li ha democraticamente eletti. Basti pensare alle comunità islamiche e ai loro Imam dallo spirito guerriero che spesso non parlano neppure la lingua del paese in cui vivono…
Distaccato da questo multiculturalismo come politica di Stato, vi è il “multiculturalismo” inteso semplicemente come varietà, diversità, pluralità “etnica” o se vogliamo “culturale”, innegabile realtà di fatto di molti paesi, inclusi quasi tutti i paesi europei, nei quali vi è stato dal dopoguerra ad oggi (in Italia sono negli ultimi decenni) una massiccia immissione di immigrati.
Il paternalistico multiculturalismo di stato, quando male attuato come quasi sempre avviene, incoraggia i nuovi arrivati a cuocere nel proprio brodo. Un brodo etnico che non è sempre propizio ad un vivere sano e civile. Questo fenomeno io l’ho costatato in Canada, dove nelle grandi città canadesi come Montréal e Toronto, all’interno della cosiddetta “comunità italiana”, agiscono le fetide mafie nostrane, dedite alle estorsioni e ad altre forme di violenza (quasi sempre limitata, prudentemente, ai soli italiani…).
- Maurizio
Blondet
2 giorni ago Permalink
La vera originalità dello studio non
è la scoperta che la gente nel vicinato multi-etnico “si chiude” a tartaruga
verso gli altri di colore, ma anche – ed è più grave – che si chiude verso i
suoi stessi simili “omogenei”, invece di avvicinarsi ad essi. Ciò rende il disastro sociale
irrimediabile. .
Lower
confidence in local government, local leaders and the local news media.
Lower political efficacy – that is, confidence in one’s own influence.
Lower frequency of registering to vote, but more interest and knowledge about politics and more participation in protest marches and social reform groups.
Higher political advocacy, but lower expectations that it will bring about a desirable result.
Less expectation that others will cooperate to solve dilemmas of collective action (e.g., voluntary conservation to ease a water or energy shortage).
Less likelihood of working on a community project.
Less likelihood of giving to charity or volunteering.
Fewer close friends and confidants.
Less happiness and lower perceived quality of life.
More time spent watching television and more agreement that “television is my most important form of entertainment”.
Lower political efficacy – that is, confidence in one’s own influence.
Lower frequency of registering to vote, but more interest and knowledge about politics and more participation in protest marches and social reform groups.
Higher political advocacy, but lower expectations that it will bring about a desirable result.
Less expectation that others will cooperate to solve dilemmas of collective action (e.g., voluntary conservation to ease a water or energy shortage).
Less likelihood of working on a community project.
Less likelihood of giving to charity or volunteering.
Fewer close friends and confidants.
Less happiness and lower perceived quality of life.
More time spent watching television and more agreement that “television is my most important form of entertainment”.
Questo è esattamente il quadro
dell’Italia d’oggi. Enormemente più accentuato in Sicilia-Calabria-Campania, ma
endemico dovunque: la perdita del capitale sociale, già scarso, anche nel Nord.
- Maurizio
Blondet
2 giorni ago Permalink
Ovviamente. Il buon senso comune non
abita nelle università Ivy League.
- Angelo
Pegli
2 giorni ago Permalink
Dove sta l’errore, anzi i due errori
contrapposti, alla luce della Creazione, è chiaro: Dio crea dividendo, separando
e costituendo realtà omogenee, gli angeli, il firmamento, le acque del mare, quelle
del cielo, la terra, l’uomo, la donna, le nazioni, etc. Non gli fa problema
separare, dividere: non solo perchè crea dal nulla, e quindi non toglie forza e
unità a qualcosa di intero preesistente, ma anche, più ancora, perchè ciò che
vivifica è il Suo Spirito, che dà consistenza e crea armonia tra realtà diverse,
portandole all’unità nello Spirito, come pregò Gesù Cristo nell’Ultima Cena. Quindi,
in definitiva il valore di ciascuna parte sta nello Spirito, e questo deve
impedire che una parte diventi per noi un idolo, che si sostituisce allo
Spirito, sia essa la donna, la terra, la nazione, la razza, il sangue, la
storia nazionale, etc. Ma dall’altro, diventa idolatria sostituirsi allo
Spirito, e pretendere di formare questa unità attraverso la confusione e la
violenza di una eterogeneità forzata. Superbia e idolatria, da una parte e
dall’altra, e Satana non si combatte con Satana. Questo il tarlo di questa UE e
di questo Papato. Coincidenza degli opposti e degli utili idioti di satana. Sionisti
e nazisti (in Ucraina alleati, speriamo non anche in Europa occidentale) non
sono sostanzialmente avversari: lo sono di Cristo, e infatti nascono e entrambi
dalla gnosi spuria, e si materializzano grazie agli stessi finanziatori. Uomo
avvisato, mezzo salvato.
- Pierpaolo
2 giorni ago Permalink
“…… finiscono per agglomerarsi,
infelici, davanti alla tv”
L’abolizione di rapporti umani autentici e la loro sostituzione con rapporti umani mediati dalla TV non è la squallida conseguenza, ma è il fine cui tendono le politiche di Sutherland, Soros, Coudenhove-Kalergi, Francesco el Papa, oltre che o picciotti Renzi, Manconi, Boldrini, Gentiloni, Bonino ed altri.
Più congeniali al potere della “crescita economica”.
L’abolizione di rapporti umani autentici e la loro sostituzione con rapporti umani mediati dalla TV non è la squallida conseguenza, ma è il fine cui tendono le politiche di Sutherland, Soros, Coudenhove-Kalergi, Francesco el Papa, oltre che o picciotti Renzi, Manconi, Boldrini, Gentiloni, Bonino ed altri.
Più congeniali al potere della “crescita economica”.
- Backward
2 giorni ago Permalink
Forse l’unica lettura imprescindibile
per chi vuol capire.
- Luigi
Copertino
1 giorno ago Permalink
Questo articolo di Maurizio Blondet è
eccellente. Mi permetto di sottolineare l’importanza del commento del suo amico
filosofo Stefano e il “martirio” della canadese Mary Wagner. Riguardo, invece, alla ricerca del sociologo Robert Putnam osservo che essa pur
contenendo, senza dubbio, molte verità sociali e storiche, ha anche un punto, a
mio giudizio, debole. Ossia il suo “orizzontalismo”. Guardando soltanto alle
dinamiche sociali dell’associazionismo (nella fattispecie quello medioevale
corporativo, del quale però non sembra venga evidenziata l’essenza del tutto
“sfavorevole” al mercato come lo abbiamo conosciuto a partire dal XVI secolo:
su questo carattere non capitalista del medioevo si veda Jacques Le Goff), si
rischia di sottovalutare l’apporto dell’aspetto “verticale” ossia le relazioni,
a volte conflittuali ma molte altre volte cooperative, tra l’Autorità sacrale e
politica e la società civile. Mi sembra che qui si ripeta lo stesso tipo di
errore che fa Rodney Stark (“La vittoria della ragione”) per il quale
il capitalismo sarebbe nato nell’Italia dei comuni medioevali perché all’epoca
l’Autorità politica era debole e non interferiva con il mercato e lo scambio
“orizzontale”. Una analisi, tuttavia, non supportata dai fatti come hanno,
ciascuno a modo loro, dimostrato un Amintore
Fanfani (che prima di essere un politico era docente universitario di
storia dell’economia) ed un Jacques Le Goff. Il mercato nel senso capitalista,
non a caso, nasce esattamente quando lo Stato moderno, formatosi all’ombra del
contrattualismo sociale delle filosofie hobbesiane, rousseviane e lockiane,
distrugge i corpi intermedi perché essi erano di ostacolo allo scambio
mercantile, al formarsi del mercato (nazionale) ed all’emergere del potere
finanziario. Stark sostiene che il promettente “capitalismo” italiano del
medioevo avrebbe subito un arresto a causa del prevalere nella Penisola del
dominio autoritario ed illiberale della Spagna asburgica che, a suo dire,
avrebbe anche trascinato la Chiesa nella Controriforma ponendola, per secoli
ossia fino alla seconda metà del XX secolo (leggasi Vaticano II), contro
la libertà, ad iniziare da quella economica. Da qui l’arretramento delle aree
cattoliche e la crescita di quelle protestanti. Secondo Stark, infatti, il
capitalismo nascente, bloccato in Italia ed in Spagna, si è poi spostato
nell’area anglo-olandese-tedesca baciata dalla Riforma luterana e dalle sue
conseguenze. Stark, però, appunto, dimentica che per imporsi il capitalismo
moderno ha avuto bisogno dello Stato nazionale – forma politica la quale si
impone non a caso nella stessa area “protestante” di elezione del capitalismo a
partire dal XVI secolo – che ha distrutto l’universalismo medioevale e la
società corporativa per ceti tradizionale. Insomma l'”oppressione illiberale”
era praticata dove andava nascendo il nuovo capitalismo moderno e non certo
nella Penisola italiana “arretrata” a causa del dominio spagnolo e della
Controriforma. Ora, quel che è assurdo, è che i libri come quelli di Stark sono
pubblicati da case editrici che gravitano nell’area del cattolicesimo presunto
tradizionalista ma in effetti neo-conservatore e bushista.
Luigi Copertino.
- Claudio
Antonaz
1 giorno ago Permalink
Multiculturalismo: un tema complesso
dai molti aspetti.
È proprio vero: un aspetto negativo
della divisione di una popolazione secondo le linee etniche e culturali (il
“comunitarismo”), come fa il Multiculturalismo di stato, è che là dove vi è una
forte presenza d’immigrati, ossia nei quartieri cosiddetti etnici, prevalgono
negli individui ripiegamento su di sé, distacco e diffidenza verso le varie
forme di vita collettiva, sia locali sia nazionali.
Eccezione fatta per il rapporto che talvolta si ha con le proprie associazioni “etniche”, e fatti salvi i contatti con l’agenzia locale di questo o quel cui ci si rivolge per ottenere aiuto, evitando i discorsi troppo lunghi che in Canada suscitano riprovazione e allarme.
Anche all’interno del gruppo “etnico” esistono assai spesso distacco e diffidenza dell’utente nei confronti dei propri leader etnico-comunitari.
Posso testimoniarlo io che vivo in una popoloso quartiere cittadino multietnico di Montréal. La frammentazione della società lungo le linee culturali ed etniche riduce la coesione e la solidarietà della società considerata nel suo insieme… La società assume addirittura i contorni di un campo profughi. Nei parchi, quando vi è un festival, o un evento simile che pur si rivolge a tutti, anche li’ i vari gruppi tendono a mantenersi separati.
L’abrogazione di un’identità collettiva comune, conseguenza del Multiculturalismo frustra anche chi è un semplice figlio adottivo del Paese, di cui però i propri figli, perché nati in quella terra, sono cittadini “naturali”.
In Italia esiste da sempre una assai scarsa fiducia nei “governanti”. Occorrerebbe vedere se questa atavica sfiducia sia oggi aumentata, vista ormai la forte presenza di “immigrati” nel nostro Paese. Posso dire che in Canada il multiculturalismo non ha intaccato il rapporto di fiducia esistente tra i cittadini e i governanti “nazionali”. Ma forse ciò’ non tarderà ad avvenire, con Justin Trudeau come primo ministro…
È all’interno delle comunità etniche stesse, ed è al livello della politica municipale e della vita cittadina e di quartiere che indifferenza, diffidenza, introversione e sfiducia si installano. Il medico con la kippah, la funzionaria col velo islamico, il poliziotto col tipico copricapo del sikh (anche perché esso identifica non solo un’appartenenza religiosa ma un’appartenenza “nazionale”), o lo stesso autista d’autobus che tende a comportarsi come se vivesse ancora nei Caraibi, creano estraneità e quindi diffidenza nel cittadino con cui essi in quel momento interagiscono.
Io sono stato operato di ernia da uno studentello cinese tirocinante, apparso improvvisamente nella sala d’operazione e che ha cercato di seguire le istruzioni di un vero medico che io avevo visto per la prima volta solo pochi attimi prima, e che non si era degnato neppure di dare uno sguardo alla parte da operare. Incredibile ma pura verità… Neppure l’eco mentale del “Beato che vivi in Canada!”, immancabile commento che ricevo ogni volta in Italia, non mi ha confortato sul tavolo operatorio…
In Italia avrei potuto lamentarmi con una delle frasi consacrate del nostro linguaggio: “Ma non è una cosa da farsi…” “Avrebbero dovuto avvisarmi prima…” Ma con chi lamentarmi, con l’haitiano che mi ha portato via su una barella con le ruote? E che faceva diligentemente il suo compito. Con il medico che era sparito? A chi telefonare? Rivolgermi al presidente del “Congresso Nazionale degli Italo-Canadesi?
In Canada non ci si lamenta, e se si cerca di farlo a voce solo un po’ alta, quelli da dietro lo sportello chiamano subito la guardia di sicurezza o la polizia.
Ciò che stimo altrettanto importante mettere in evidenza – io cerco di farlo – è il carattere fasullo della beatificazione che si tende a fare delle cosiddette “comunità”, queste tessere sacrosante del celebrato Multiculturalismo. Su tale tema mi pare che assai poco sia stato scritto.
Vi dirò, non certo per vanto, di aver scritto decine di articoli al riguardo, pubblicati in un giornale italiano “etnico” (Il Cittadino Canadese), al fine anche di mettere in evidenza che le culture trapiantate sono forme spesso degradate e persino caricaturali (o se vogliamo folcloristiche) della cultura originaria importata nella nuova terra dagli immigrati (vedi le patetiche Little Italy sparse nel Nord America). Su questo aspetto della perdita di validità di una cultura quando essa è trapiantata all’estero non mi pare sia stato scritto molto (ne scrisse pero’ Prezzolini nel suo: “I trapiantati”). Eppure alla base della celebrazione del multiculturalismo vi è l’assioma che tutte le culture siano uguali. Si’, forse quando rimangono a casa propria, e neppure allora… Ma il viaggio oltreconfine, e specie il viaggio oltre-oceanico le intacca profondamente. Basti vedere le rotondità di tanti italo-americani per capire che la commistione delle due cucine, l’italiana e l’americana, ha comportato un prezzo per la forma fisica e la salute dei nostri connazionali.
L’alienazione del cittadino nei confronti di un’amministrazione municipale in cui vi sia una forte presenza di “immigrati” io l’ho vissuta per diversi anni, come residente di una municipalità del Québec, avente una forte presenza di… In tale municipalità, tra l’altro, certe scuole etno-religiose, pur se sovvenzionate dal governo, erano mantenute aperte durante la festa del Canada e la festa del Québec, ma erano tenute rispettosamente chiuse durante le celebrazioni della “patria lontana”…
Non basta dire che il multiculturalismo allenta i legami unitari e lo spirito di partecipazione della popolazione in genere. Occorre poi dimostrare perché il lasciar cuocere gli immigrati nel loro brodo conduce spesso a delle aberrazioni (vedi la presenza delle mafie nostrane nella vita degli italiani del Canada, e vedi anche le nuove forme di criminalità organizzata importate dall’estero, oggi attive nella penisola).
È il desiderio stesso di comunicare con l’altro che si indebolisce e talvolta si spegne. Un mio amico mi ha detto diverse volte: “Vado a Cuba d’inverno anche perché lì c’è una mentalità, un’identità, una cultura a carattere nazionale. Se lì tu aspetti in fila, puoi rivolgere la parola a chi ti sta vicino, sicuro di poter iniziare una conversazione. In Canada, se stai in una coda di gente, abbandoni subito l’idea di rivolgere la parola, per il piacere di conversare, a chi ti sta vicino. Non lo fai perché sai che è gente che viene da altri mondi, parla altre lingue, ha preoccupazioni diverse dalle tue, e con loro quindi senti di avere pochissimo in comune. Ed è gente oltretutto che tu non sai neppure che lingua parli: francese, inglese, spagnolo, arabo…?”
Lo stesso avviene tra i vicini di casa.
Possiamo veramente dire che il modificare, l’alterare, il confondere, il mescolare prodotti e così anche popoli, stili e costumanze e tradizioni conduca a risultati eccellenti? Assolutamente no, secondo me. Ma nel clima di grande entusiasmo per il mondialismo e l’ibridismo, la “contaminazione” delle culture è un fenomeno visto come qualcosa di sempre positivo. Finora non mi è capitato un solo scritto che metta in dubbio l’assioma secondo il quale nel campo culturale più si mescola e meglio è.
Eccezione fatta per il rapporto che talvolta si ha con le proprie associazioni “etniche”, e fatti salvi i contatti con l’agenzia locale di questo o quel cui ci si rivolge per ottenere aiuto, evitando i discorsi troppo lunghi che in Canada suscitano riprovazione e allarme.
Anche all’interno del gruppo “etnico” esistono assai spesso distacco e diffidenza dell’utente nei confronti dei propri leader etnico-comunitari.
Posso testimoniarlo io che vivo in una popoloso quartiere cittadino multietnico di Montréal. La frammentazione della società lungo le linee culturali ed etniche riduce la coesione e la solidarietà della società considerata nel suo insieme… La società assume addirittura i contorni di un campo profughi. Nei parchi, quando vi è un festival, o un evento simile che pur si rivolge a tutti, anche li’ i vari gruppi tendono a mantenersi separati.
L’abrogazione di un’identità collettiva comune, conseguenza del Multiculturalismo frustra anche chi è un semplice figlio adottivo del Paese, di cui però i propri figli, perché nati in quella terra, sono cittadini “naturali”.
In Italia esiste da sempre una assai scarsa fiducia nei “governanti”. Occorrerebbe vedere se questa atavica sfiducia sia oggi aumentata, vista ormai la forte presenza di “immigrati” nel nostro Paese. Posso dire che in Canada il multiculturalismo non ha intaccato il rapporto di fiducia esistente tra i cittadini e i governanti “nazionali”. Ma forse ciò’ non tarderà ad avvenire, con Justin Trudeau come primo ministro…
È all’interno delle comunità etniche stesse, ed è al livello della politica municipale e della vita cittadina e di quartiere che indifferenza, diffidenza, introversione e sfiducia si installano. Il medico con la kippah, la funzionaria col velo islamico, il poliziotto col tipico copricapo del sikh (anche perché esso identifica non solo un’appartenenza religiosa ma un’appartenenza “nazionale”), o lo stesso autista d’autobus che tende a comportarsi come se vivesse ancora nei Caraibi, creano estraneità e quindi diffidenza nel cittadino con cui essi in quel momento interagiscono.
Io sono stato operato di ernia da uno studentello cinese tirocinante, apparso improvvisamente nella sala d’operazione e che ha cercato di seguire le istruzioni di un vero medico che io avevo visto per la prima volta solo pochi attimi prima, e che non si era degnato neppure di dare uno sguardo alla parte da operare. Incredibile ma pura verità… Neppure l’eco mentale del “Beato che vivi in Canada!”, immancabile commento che ricevo ogni volta in Italia, non mi ha confortato sul tavolo operatorio…
In Italia avrei potuto lamentarmi con una delle frasi consacrate del nostro linguaggio: “Ma non è una cosa da farsi…” “Avrebbero dovuto avvisarmi prima…” Ma con chi lamentarmi, con l’haitiano che mi ha portato via su una barella con le ruote? E che faceva diligentemente il suo compito. Con il medico che era sparito? A chi telefonare? Rivolgermi al presidente del “Congresso Nazionale degli Italo-Canadesi?
In Canada non ci si lamenta, e se si cerca di farlo a voce solo un po’ alta, quelli da dietro lo sportello chiamano subito la guardia di sicurezza o la polizia.
Ciò che stimo altrettanto importante mettere in evidenza – io cerco di farlo – è il carattere fasullo della beatificazione che si tende a fare delle cosiddette “comunità”, queste tessere sacrosante del celebrato Multiculturalismo. Su tale tema mi pare che assai poco sia stato scritto.
Vi dirò, non certo per vanto, di aver scritto decine di articoli al riguardo, pubblicati in un giornale italiano “etnico” (Il Cittadino Canadese), al fine anche di mettere in evidenza che le culture trapiantate sono forme spesso degradate e persino caricaturali (o se vogliamo folcloristiche) della cultura originaria importata nella nuova terra dagli immigrati (vedi le patetiche Little Italy sparse nel Nord America). Su questo aspetto della perdita di validità di una cultura quando essa è trapiantata all’estero non mi pare sia stato scritto molto (ne scrisse pero’ Prezzolini nel suo: “I trapiantati”). Eppure alla base della celebrazione del multiculturalismo vi è l’assioma che tutte le culture siano uguali. Si’, forse quando rimangono a casa propria, e neppure allora… Ma il viaggio oltreconfine, e specie il viaggio oltre-oceanico le intacca profondamente. Basti vedere le rotondità di tanti italo-americani per capire che la commistione delle due cucine, l’italiana e l’americana, ha comportato un prezzo per la forma fisica e la salute dei nostri connazionali.
L’alienazione del cittadino nei confronti di un’amministrazione municipale in cui vi sia una forte presenza di “immigrati” io l’ho vissuta per diversi anni, come residente di una municipalità del Québec, avente una forte presenza di… In tale municipalità, tra l’altro, certe scuole etno-religiose, pur se sovvenzionate dal governo, erano mantenute aperte durante la festa del Canada e la festa del Québec, ma erano tenute rispettosamente chiuse durante le celebrazioni della “patria lontana”…
Non basta dire che il multiculturalismo allenta i legami unitari e lo spirito di partecipazione della popolazione in genere. Occorre poi dimostrare perché il lasciar cuocere gli immigrati nel loro brodo conduce spesso a delle aberrazioni (vedi la presenza delle mafie nostrane nella vita degli italiani del Canada, e vedi anche le nuove forme di criminalità organizzata importate dall’estero, oggi attive nella penisola).
È il desiderio stesso di comunicare con l’altro che si indebolisce e talvolta si spegne. Un mio amico mi ha detto diverse volte: “Vado a Cuba d’inverno anche perché lì c’è una mentalità, un’identità, una cultura a carattere nazionale. Se lì tu aspetti in fila, puoi rivolgere la parola a chi ti sta vicino, sicuro di poter iniziare una conversazione. In Canada, se stai in una coda di gente, abbandoni subito l’idea di rivolgere la parola, per il piacere di conversare, a chi ti sta vicino. Non lo fai perché sai che è gente che viene da altri mondi, parla altre lingue, ha preoccupazioni diverse dalle tue, e con loro quindi senti di avere pochissimo in comune. Ed è gente oltretutto che tu non sai neppure che lingua parli: francese, inglese, spagnolo, arabo…?”
Lo stesso avviene tra i vicini di casa.
Possiamo veramente dire che il modificare, l’alterare, il confondere, il mescolare prodotti e così anche popoli, stili e costumanze e tradizioni conduca a risultati eccellenti? Assolutamente no, secondo me. Ma nel clima di grande entusiasmo per il mondialismo e l’ibridismo, la “contaminazione” delle culture è un fenomeno visto come qualcosa di sempre positivo. Finora non mi è capitato un solo scritto che metta in dubbio l’assioma secondo il quale nel campo culturale più si mescola e meglio è.
A me invece sembra che la
mescolazione di culture produca spesso gravi perdite per le culture originarie.
È doloroso e triste – e certamente pericoloso sul piano della “political correctness” – ammettere che
una certa meridionalizzazione del nord della penisola, ad esempio, ha
comportato dei cambiamenti non sempre per il meglio. Sì, il nostro meridione è
stato ed è ancora capace di cose magnifiche.
Ma non penso che il nord – vedi le infiltrazioni di Camorra, Mafia, ‘Ndrangheta – abbia tratto solo beneficio da una certa mentalità originaria del sud che vi è ormai invalsa.
Non si tratta di difendere una nozione assurda di “purezza originaria”, condizione che non esiste in nessun campo. Ma trovo assurdo e ridicolo questo voler miscelare tutto, in nome
del “diverso”. Che si pensi anche al nuovo colore che nascerebbe mescolando i colori della tavolozza o quelli dell’arcobaleno. Il risultato non sarebbe di certo positivo.
Ma non penso che il nord – vedi le infiltrazioni di Camorra, Mafia, ‘Ndrangheta – abbia tratto solo beneficio da una certa mentalità originaria del sud che vi è ormai invalsa.
Non si tratta di difendere una nozione assurda di “purezza originaria”, condizione che non esiste in nessun campo. Ma trovo assurdo e ridicolo questo voler miscelare tutto, in nome
del “diverso”. Che si pensi anche al nuovo colore che nascerebbe mescolando i colori della tavolozza o quelli dell’arcobaleno. Il risultato non sarebbe di certo positivo.
- ismayl-roho
18 ore ago Permalink
esistono le stirpi, le etnie ed anche
le razze: umane. Negroidi, pigmidi, negridi. Europoidi, europidi, caucasici,
mediterranei, alpini, adriatici. Mongolidi…ad es.
perché negarlo … ?
- Finglas
1 giorno ago Permalink
…e intanto con Perù siamo ai limiti,
anzi hanno superato i limiti, della bestemmia. Oltre all’ idiozia può esistere
solo la dissoluzione.
- ismayl-roho
18 ore ago Permalink
questa ‘maestra’ si è offesa da sola.
Con la sua palese ignoranza
- Angelo
Pegli
1 giorno ago Permalink
A proposito del fatto che nelle società
multietniche disordinate le chiusure nel tempo non avvengono solo tra realtà
etniche differenti ma anche all’interno di realtà omogenee, le cause sono intuitive,
ma gli effetti sono da sottolineare nella loro valenza spirituale e
antropologica. Le cause intuitive sono che in una realtà omogenea, e che
funziona, ci vuoi entrare, e quindi ti adatti, accetti sacrifici, correzioni, anche
antipatie, per una motivazione superiore, sociale, culturale. Dove c’è
confusione e relativismo, hai meno voglia d’integrarti tu e hanno meno voglia
d’integrarti quelli che integrati già lo sono, perchè aggiungono una certa
diffidenza ai loro difetti naturali. Manca la voglia di fare fatica, e questo
libera l’individualismo singolo o di gruppo. Insomma, una trappola diabolica. però
il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Sicuramente, però, si tratta già di
un processo logico di tipo apocalittico-spirituale: con meno condizioni
favorevoli, bene e male si divaricano. Le buone volontà possono diventare
ancora più spirituali, mentre le cattive volontà, ancora più barbare e
degradate. perfino la natura, che non è in contraddizione con la grazia, lo
dimostra: la siccità sviluppa le radici o fa seccare la pianta; l’infezione
potenzia il sistema immunitario oppure fa morire il malato. le sanzioni mettono
a terra una economia oppure alla lunga la rafforzano. Via via, in questa
logica, si arriva al Libro della Sapienza. Cioè quella cosa da cui Papa Francesco I certamente è attualmente
lontano: infatti, nella sua probabilissima scarsa simpatia e affinità per san Tommaso,(che il dott. Stefano, da insegnante di
tomistica ha ben colto),ma direi anche scarsa affinità con lo Spirito di Dio, vede
nelle omogeneità un puro agglomerato d’interessi egoistici chiusi a difesa di
se’ stessi: insomma, per questo fenomeno di personaggio, non è vero che la
grazia perfeziona la natura ma non la contraddice… e se proprio si azzarda… ci
pensa Lui a correggerla. E’ o non è Papa? Ma vaff…
- Angelo
Pegli
1 giorno ago Permalink
Una cosa però è sicura: Dio, per
restaurare l’ordine giusto, si servirà delle radici poco innaffiate ma
cresciute robuste, e non certo dei borghesucci(e borghesucce) per bene, tradizionali
o tradizionalisti, ben accomodati, finchè possono, un po’ spaventati, saggi, giudiziosi
ma calcolatori, fondamentalmente chiusi anch’essi, a cui non vale la pena
leccare i piedi, ammesso che qualcuno ne sia capace. In fondo, ignoranza a
parte, sono l’altra faccia di… Francesco I. Uno viene dalla strada, o dalla
periferia, e ha sempre l’odor di pecore nelle narici; gli altri “odorano di
chiuso”, ma forse il Manzoni li manderebbe volentieri a spasso.
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