sabato 9 maggio 2015
05:13 | Pubblicato da
Alex Focus |
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Napoli, 09/05/2015
Cari/e
lettori/trici del mio diario, annuncio un evento culturale. Il giorno
Lunedì,
11 Maggio 2015, alle ore 17:30
la
poetessa non più esordiente ma pluripremiata,
Marianunzia
MASULLO,
presenterà
il suo ultimo volume di poesia
“L’Animo
allo Specchio”, Alessandro Polidoro editore.
A lato è mostrata la copertina del libro
La presentazione avverrà presso
la
Libreria PAPIRIA slr, sita in Via Giovanni Ninni (Napoli), tel. 081.420.11.42
Di seguito fornisco una rcensione di Armando
SAVERIANO, il fondatore dell’associazione culturale Logopea, sul libro della Masullo
LA CALIBRATA PAROLA
Quando Vita e Poesia diventano reciproco specchio
Un
andante neo-melodico, quello di Marianunzia Masullo, che si presenta con una
accattivante plaquette di ridotte dimensioni, “L’Animo Allo Specchio”, per i
tipi di Alessandro Polidoro Editore.
Una poesia cadenzata sui ricordi e sulle
sensazioni emotive di ieri e di oggi, lungo quella linea ineffabile e simbolica
che collega presente e passato, che anzi annulla le convenzioni temporali e
confonde dolcemente il cuore.
La poesia per Masullo è una soglia da attraversare
con decisione e con pudore, con la determinazione appassionata e con lo stupore
degli animi nitidi, capaci di ancorarsi ancora alla fanciullezza, di
affrancarsi da scorie e pesantezze, in una rinnovata purificazione dello
spirito quando è affranto.
È un viaggio che fa sgranare alla poetessa occhi
smisurati, che colgono dettagli come per la prima volta e sanno raccontare a
chi non c’era, a chi non conosceva, a chi non partecipava.
La poesia è sempre
un atto di condivisione, anche quando è ermetica, ardua da decodificare, o di
primo acchito disempatica, arroccata su se stessa e sui suoi arcani simboli da
cimento e da sfida.
Le allegorie della Masullo sono al contrario aperte e
sinceramente disponibili, alla portata di chi voglia coglierle con rispetto e
simpatia. Il concetto a noi caro di “pensiero emotivo” è garbatamente espresso
nel componimento “Al buio” (pag.18): “Al buio mi concentro/ed elaboro il mio
pensiero/che è innanzitutto sentimento/la luce disperde i miei pensieri/che
numerosi si affollano nella mia mente/in attesa di fluir sul foglio
agevolmente/per catturare le emozioni dell’animo/all’istante”. Niente di
linteo, di sbarrato, di impenetrabile.
Al contrario, l’invito ad una
passeggiata sottobraccio a una parola che non dissimula, che non si nega, che
nulla agghinda o maschera. Ciò non toglie che non ci si ferisca, che la strada
non riservi salite scomode, che i cespugli non alternino ai fiori i rovi, che i
paesaggi della mente non siano, a volte, ustorii. Ma ogni turbamento, ogni
graffio, ogni goccia di sangue si rivela propedeutico alla ripresa, alla
riconquista del dominio di sé e della speranza.
Lo si evince ne “Il viaggio”
(pag.37):
“ Irta e tortuosa sarà la salita/roseti e rovi fiancheggiano il
cammino/spuntano improvvisi/celati dalle verdeggianti/e ingannevoli
felci/lacerano la pelle/procurano sanguinanti e dolenti ferite/ brandelli di
pelle sparsi/ laverete le ferite/tamponerete il sangue/petali di rose garze ad
alleviare il dolore/ disseterete la gola arsa/alla fonte della speranza/ rinfrancherete
le membra/automi in movimento/alla fonte della cultura/cosicché la discesa vi
sarà agevole/e i piedi affonderete in un soffice manto di terra”.
Il bene e il
bello intervengono, anche quando non raggiunti, ma intuìti e liberatorii, a
soccorrere, a disinfettare dalle brutture e a offrire al poetare stesso una
facoltà ardita, che tramuti in gloria ogni travaglio, ogni tribolo d’animo e
corpo, di spirito e coscienza.
La sensibilità può essere defraudata,
depauperata, avvilita, per contraddittoria deiezione dell’umano, che spesso si
fa aguzzino, avversario, monade mutila che tenta di mutilare l’altrui, per una
opposizione demonica del male al bene. Ma svellerla, annullarla non si può.
Essa è vitalissima e resiste al subdolo, al deleterio, a quelle “…anse tortuose
e profonde” che “segnano solchi/marcano l’asprezza della dura
terra/indifferenza e arroganza/negli animi gretti/che sordi zittiscono,
scivolando/nelle tenebrose cavità dell’ottudimento”.
La sensibilità sfugge al
conformismo, sempre comodo e acquietante, disappartiene al banale della
volgarità, aspira e ascende a valori ormai oggigiorno apolidi: minima o grande
essa sia, fa la differenza, una differenza in cui si irradia e si radia la
seminagione delle idee di libertà e di verità.
Il
poeta, “peregrinus”, si fa messaggero: di una voce, di una parola, di un’orma.
Di una testimonianza. Di un racconto che trascende il momento. Magari il verso,
pupilla per il lettore, si articola e volge anche foneticamente in prosa, quasi
indipendentemente dall’intendimento di chi (de)scrive:
“ Voltarsi indietro a
fissare il paese illuminato/abbarbicato sulla collina/fino a quando non
scompare all’orizzonte/ Un magone, una forte commozione, mi accompagna/mentre
mi lascio il paese alle spalle/ E se è vero che sono napoletana/è altrettanto
vero, che per parte di madre/le mie origini mi legano profondamente/a questa
splendida e lussureggiante terra/ Terminata la mia breve ma intensa
vacanza/vivo il distacco in uno stato di profondo dispiacere/come se mi stessi
congedando da una persona a me cara/ Oh Ostuni! Terra degli antichi, ritrovati,
profumi e sapori/terra operosa, terra dalla millenaria storia/terra rossa, da
cui ulivi secolari ergono, grondanti/di frutti ricchi e succulenti, le loro
maestose chiome,/e all’operosa mano del contadino il compito/di tramutar quei
verdi frutti in oro giallo” (“Ostuni, la città bianca” pag.14).
C’è qui tutto
il turgore entusiasta di una reificazione del semplice e del sublime,
dell’umile e del meridiano, ove il verso si compenetra nella prosa e viceversa,
ove il ricordo-immagine perpetua il nucleo semantico del “restare impresso”.
Chiave di volta, del resto, di gran parte della raccolta: il ricordo riconcilia
ciò che la vita aggrava e tende a dividere, e affina la coscienza, respingendo l’insorgere
della “nescienza”.
Il ricordo, che non ha alcun limite, né di tempo né di
spazio, è inoltre leva di autoconsapevolezza, contribuisce alla nicciana
percezione umana dell’identità. Il ricordo, alla pari del pensiero emotivo,
scandisce la versione di Hölderlin da Pindaro: “Werde, welcher du bist,
erfahren”, “renditi conto di chi sei”, “diventa chi sei, avendone preso
coscienza”, grazie al potere mnestico, all’irradiazione della rimembranza (di
una persona amata, di un luogo, di un presentimento, di un trasalir dello
spirito).
Ricordo è esperienza vissuta, ed agisce sapienzialmente anche quando
i suoi bordi non sono tanto netti, anche quando esso “s’infiaba”, non perché
l’io di oggi voglia abbellirlo per acutizzarne gli effetti benefici da
unguento, o per autodifesa, ma perché sceglie di selezionare e assaporare il
meglio, anche a costo di qualche inconsapevole ritocco.
La poetessa impara a
“conoscere” o “riconoscere” chi è, in virtù dell’evocazione di figure
(soprattutto quella elettriade del padre) e di stati dell’essere, di locazioni
anche in non-luoghità, come il buio o la luce in cui abita, si delizia, soffre,
piange di gioia o è preda di dubbi, in cui si concentra e respira.
È figlia non
diméntica o trascurata, ed è madre di “prole sperata”: “…tanta tenerezza
susciti/e noi orgogliosi di essere/del tuo seme i frutti” (“Babbo”, pag.8);
“…partorisco una poesia dopo l’altra/con frenetico ardore/con eguale
emozione/con amorevole attesa/di mamma bramosa/la nascita di prole
sperata”(“Parto”, pag.27).
La
marca morfologica, la struttura espressiva, la colloquialità, i profili
pittorici, la temperie icastica del libretto mostrano coerentemente come la
tensione “alla/nella/della” poesia tragga alimento dal confronto tra narrante e
narrato, versificatore e verso, vicenda e sogno, aspirazione e realtà: sicché
scrivere è un aspetto del vivere e vivere si attua e si compie scrivendo, per
rotazione filosofico-metaforica.
ARMANDO SAVERIANO
Raggiungibilità
:
Piantina da Google Map
La
zona è molto ben servita quindi si consiglia di lasciare l’auto a casa e
sfruttare metropolitata, sia linea 2 (la
storica) sia linea 1 (la cosiddetta “collinare”) oppure Cumana / Circumflegrea o
la Funicolare.
Anche
le linee di autobus sono abbastanza frequenti
Ma
per i più pigri c’è la possibilità di dpositasre l’auto in alcuni garage nei
prssi della libreria.
Allora, arrivederci da Papriria...
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